Inside Out ed il linguaggio emozionale
- Carlotta D'olimpio
- 19 nov 2015
- Tempo di lettura: 15 min
Inside out: l’esigenza di un’ intelligenza emotiva
Disney Pixar: educare al linguaggio emotivo
Recentemente, in tutte le sale italiane, è stato proiettato il cartone animato creato da Disney Pixar Animation Studios, “Inside Out” (“Dentro e Fuori”). Già dal titolo, molti avranno colto l’allusione al “mondo interiore”, quindi, all’elaborazione delle esperienze provenienti dall’esterno da parte degli individui e la relativa restituzione comportamentale derivante dalla percezione - e quindi dall’emozione che ne consegue - legata al fenomeno esperienziale e dall’elaborazione (tramite i filtri interni personali) di quest’ultimo.
Ho trovato molto interessante lo sviluppo e la trama del cartone, sia per un pubblico adulto sia per un pubblico bambino, il quale seppur non conoscendo su base teorico-linguistica i concetti ai quali si è attinto per creare la pellicola, potrà trarre giovamento ed ispirazione da essa assimilando (talvolta in maniera del tutto subliminale) la “morale della favola” di taglio fortemente psicologico che gli autori hanno voluto esprimere.
Uno sguardo d’insieme:
Il cartone animato inizia con la nascita di una bambina, Riley, all’interno di un nucleo familiare caldo ed amoroso composto da una madre ed un padre. Immediatamente si capisce che i veri protagonisti della storia sono dei simpatici “pupazzi” situati all’interno di un “quartier generale” il quale, a sua volta, si trova nel cervello della bambina appena nata. Il primo di questi pupazzi ad entrare in scena è Gioia, una ragazza dai capelli blu acceso, un vestito verde allegro ed un’aura dorata che la avvolge. Prima del suo ingress, nel “quartier Generale”, nulla vi era, il cervello era una tela bianca che aspettva di essere dipinta. Non appena la bambina si trova tra le braccia dei suoi genitori, Gioia, nel quartier generale, invia segnali dal cervello al corpo della bambina, comunicandole che quella che sta provando è una bella sensazione ed è, infatti, ciò di cui ha bisogno. Un attimo dopo, entra in scena un nuovo pupazzo, Tristezza. Questa volta il colore di rappresentanza è il blu scuro, il vestiario un maglione a collo alto e l’atteggiamento svogliato e pigro. L’ingresso di Tristezza fornisce nuovi stimoli alla bambina, la quale inizia a piangere se abbandonata dalle figure di riferimento e così in tutte le situazioni che le causano un malessere. A seguire, entrano in scena Disgusto, rappresentata con tonalità di verde scuro, sempre truccata e con un atteggiamento di sufficienza e diffidenza verso le esperienze esterne e verso gli altri; Paura, caratterizzata dal colore viola, da una forma fisica affusolata, alta e da un atteggiamento timoroso e a volte ipocondriaco[1]; e Rabbia, raffigurata da un pupazzo basso e tracagnotto di colore rosso e con una voce forte e roca il quale, ogni qualvolta si presenti una situazione di criticità o di ingiustizia, da in escandescenza e perde le staffe. Questi cinque personaggi stanno a rappresentare le cinque Emozioni Base che ogni individuo prova. Il “Quartier Generale” non è altro che l’Amigdala, zona del Sistema Limbico Cerebrale la quale si occupa di fornire risposte Emotive alla Percezione/sensazione della realtà fenomenico-esperienziale. Durante i primi anni della sua vita, la bambina, esperisce il mondo tramite i suoi sensi – sistemi rappresentazionali della realtà - e costruisce, così, un modello di quest’ultimo sulla base delle reazioni emotive che riscontra in lei legate al fenomeno presente che vive. Questo modello/mappa del mondo, ricco di eventi ed esperienze vissute, viene interiorizzato ed archiviato sotto forma di ricordi (ricordo che, legato ad esperienza e conseguente emozione, assume un forte potere evocativo).
Una volta introdotto il concetto delle Emozioni, quali “gestori del quartier generale”, il cartone si propone di fornire un’immagine completa del cervello e dei processi mentali. Le sensazioni/percezioni del fenomeno presente (apprese dall’individuo attraverso i sistemi rappresentazionali) generano l’emozione che a sua volta genera l’azione in relazione alla specifica esperienza e, questo, è il processo mediante il quale ogni individuo crea, esperienza dopo esperienza, la sua Mappa/Modello del mondo reale, sulla base della quale decodificherà ogni esperienza/fenomeno futuro che vivrà[2] . Ogni esperienza vissuta dall’individuo, quindi, genera dei meta-dati, come un manuale delle istruzioni, [3]che vengono custoditi nel cervello sotto il nome di “ricordi base” all’interno della memoria a lungo termine. L’insieme dei ricordi base, e del modello che l’individuo si è creato e segue per interpretare il mondo, danno vita alle “isole della personalità” cioè alle passioni, gli interessi, la sfera sociale, i rapporti con il mondo esterno, che ognuno sviluppa nel corso della sua vita. La personalità, dunque, non è l’individuo stesso, bensì è il risultato del processo di percezione, accettazione ed adattamento al mondo esterno che l’individuo mette in atto ogni qualvolta si relaziona - o non si relaziona - con esso e di cui ha bisogno per stabilire quale sia il suo posto nel mondo, il suo posizionamento nei confronti dell’Esperienza.
Nella vita di Riley le isole della personalità sono quella della Famiglia (affetto, momenti felici, condivisione, base sicura, attaccamento), quella dell’amicizia (sentimento di appartenenza ad un gruppo, divertimento), quella dell’onestà (principi morali, etici, norme sociali), quella dell’Okey (passione, hobby, ambito nel quale ci si mette alla prova con se stessi e gli altri) e quella della “Stupidella” (spazio della personalità lasciato alla frivolezza, al divertimento e alla spensieratezza, condivisione con la famiglia o con gli amici). Queste isole sono, quindi, il frutto dell’interconnessione, tra le percezioni, le emozioni, i pensieri, i ricordi, i bisogni, i desideri e le richieste/bisogni del mondo esterno che l’individuo decide – più o meno volontariamente – di fare proprie. Ognuna delle isole può essere arricchita da esperienze nuove che generano emozioni, pensieri ed interiorizzazioni di modelli e che ampliano la concezione delle stesse o, addirittura, ne creano di nuove. Una personalità sarà tanto ricca quanto più l’individuo esperisce dal mondo esterno[4]. Allo stesso tempo, però, la personalità e le sue “isole” possono essere minate ed impoverite o addirittura distrutte. Seguendo la scia dell’allegoria proposta da Disney Pixar, procediamo ad indagare le possibili cause di tale impoverimento.
Riley, la bambina, è felice ed amata dalla sua famiglia. Ha degli amici con cui gioca, una passione sportiva che coltiva, dei sani valori morali ed etici e una buona componente di giocosa allegria.
Di punto in bianco la famiglia si vede costretta a vendere la casa nella quale vive per trasferirsi a San Francisco, una città molto caotica e dispersiva rispetto a quella dalla quale proviene.
Questa tipologia di avvenimento nella vita di un individuo (in particolar modo se l’individuo è ancora un bambino, il quale è facilmente impressionabile e condizionabile e non ha ancora sviluppato una struttura solida e consapevole della sua personalità), è chiamata TRAUMA o SITUAZIONE DI CRITICITA’. Di fronte a tale fenomeno/esperienza/trauma, l’individuo percepirà la realtà tramite i suoi filtri (la rappresenterà dentro di se attraverso i suoi sistemi rappresentazionali) e ne farà corrispondere delle emozioni (spontanee) consequenziali. Il superamento del trauma è possibile nella misura in cui l’individuo riconosce le emozioni che prova dentro di sé a causa di esso, le elabora e le accetta per fornire una risposta emozionale- comportamentale adeguata e sana rispetto al fenomeno, quindi, un comportamento funzionale. L’educazione emotiva, l’intelligenza emotiva (consapevolezza delle proprie emozioni), è ciò che permette il superamento del trauma in modo funzionale per sé stessi e richiede una profonda conoscenza di sé.
Riley è molto dispiaciuta per la decisione presa dalla sua famiglia e si trova in una condizione di squilibrio emotivo: nel “quartier generale”, Tristezza assume una posizione di predominanza rispetto alle altre emozioni e pone l’attenzione sull’addio che si prospetta, Paura sull’instabilità del futuro, Rabbia sull’ingiustizia dell’evento e Disgusto su quanto non le piacerà la nuova casa! Gioia, invece, tentando di riconquistare il suo dominio sulle altre quattro emozioni, si preoccupa di relegare, (soffocare-costringere-nascondere), sullo sfondo le sue colleghe pessimiste e negative e far risaltare in primo piano la curiosità per il nuovo mondo di esperienze che aspetta la bambina che, quindi, si carica di aspettative e sogni ad occhi aperti riguardo il suo futuro.
Una volta giunti nella nuova casa, Riley si rende conto che non è affatto come l’aveva immaginata e sognata ma cerca comunque di continuare a mantenere uno stato di “apparente serenità” e contentezza – sotto il controllo di Gioia - . Il tentativo di Gioia di far essere felice Riley nonostante il trauma subito, quindi, diviene involontariamente un soffocamento delle emozioni spontanee scatenate dal fenomeno/esperienza/trauma, nel tentativo di sostituirle con altre più accettabili e positive (ciò che si desidera o ciò che gli altri si aspettano).
Riley scopre che il camion del trasloco tarderà ad arrivare di qualche giorno e sente i genitori discutere per via di questo contrattempo avvertendo il loro stato d’animo preoccupato ed infastidito. In questo caso, l’Io Adulto del bambino recepisce il messaggio dell’Io Bambino del genitore il quale ha bisogno di aiuto o comunque di non essere appesantito ulteriormente dalle emozioni che prova il figlio ; di conseguenza Riley nasconde la sua preoccupazione e malumore cercando di riportare Gioia nella sua famiglia ed improvvisa una partita di Okey in casa – è interessante osservare nel cartone animato come sia Gioia, dal “quartier generale” (Amigdala), a “far accendere la lampadina” (idea) nel cervello della bambina e a richiamare un ricordo base dall’archivio della memoria a lungo termine nel quale Riley e i suoi genitori giocano felici ad Okey nella loro vecchia casa. La situazione diviene quindi gioviale e piena di affetto (a supporto ed ampliamento dell’isola della personalità relativa alla famiglia) ma, un attimo dopo, il padre riceve una telefonata di lavoro che lo costringe ad andare via in fretta interrompendo il gioco. Immediatamente lo stato d’animo di Riley muta[5], ma Gioia non vuole darla vinta alle “ emozioni negative” e quindi prosegue nel suo tentativo di sostituirle con dei ricordi piacevoli sperando che il loro potere evocativo la riporti alla felicità. A Gioia viene in mente che, durante il viaggio, Riley aveva fame e così coinvolge la madre per andare a mangiare una pizza nella pizzeria all’angolo. Arrivate li scoprono che la pizzeria offre un solo tipo di pizza: la pizza con i Broccoli . Ecco che, di nuovo, Riley vive uno stato di squilibrio emotivo nel quale l’emozione prevalente è Disgusto che le suscita il forte disprezzo che da sempre prova per i broccoli, poi c’è Rabbia che è amareggiato per non aver potuto mangiare ed anche Paura che teme che le cose non potranno migliorare.
Tristezza è alla base di ogni interpretazione delle nuove esperienze che Riley vive, in quanto è l’emozione primaria suscitata ed evocata dal trauma subìto e non ancora consapevolizzata ed accettata. Nel quartier generale, Tristezza tocca con le mani tutti i ricordi passati di Riley “inquinandoli” e rendendoli malinconici, dicendo, quando Gioia se ne rende conto e la rimprovera, che “non può farne a meno”, a significare la necessità di affrontare l’emozione provata, l’esigenza di riconoscerla ed accettarla, e, quindi, il riproporsi di quest’ultima in caso contrario. Il tentativo di Gioia di nascondere queste “emozioni negative” si tramuta nel creare un “ rumore di fondo”, un tormento emotivo, una lotta interiore, cioè il mancato ascolto delle emozioni primarie suscitate dal fenomeno vissuto/trauma.
Ecco, quindi, che troviamo un altro significato allegorico qui espresso: di base, in questo momento, Riley è triste, impaurita ed arrabbiata per il trauma che ha subito e che ha portato un grande cambiamento nella sua vita; il suo contesto relazionale-ambientale e sociale ed il suo “io adulto “,però, la spingono a cercare di adempiere ad un ruolo ed un modello comportamentale più accettabile per le circostanze, distante dai suoi veri Sentimenti (necessità interiore di difendersi dal dolore + necessità provenienti dall’esterno: Io bambino del genitore). Si viene così a creare una frattura emotiva dentro di lei che, da un lato vede la necessità di esprimere una certa emozione (tristezza, malinconia e dolore per il trauma subìto) e dall’altro il desiderio, l’aspettativa interiore su come dovrebbero essere le cose che porta a reprimere l’emozione stessa per adattarla alle richieste esterne o per evitare di soffrire.
Gioia cerca continuamente di convincere Riley che sarà subito felice nel nuovo posto e non sta ne starà mai male; questo, però, non fa altro che aumentare la frattura emotiva in quanto, il tentativo di Gioia, crea una proiezione ed un’aspettativa in Riley che si distacca dalla realtà fenomenico-esperienziale (c’è stato un trauma) e da quella emotiva (prova tristezza e non gioia perché ciò che è accaduto ha una ripercussione su di sè).
La morale che il cartone animato ci permette di cogliere è la seguente: Fintanto che l’individuo non consapevolizza le emozioni primarie che l’esperienza/fenomeno/trauma gli ha suscitato e , finchè tenterà di nasconderle o reprimerle, ogni esperienza nuova che vivrà sarà inquinata da quelle stesse emozioni che cerca di reprimere, imprigionando l’individuo in un circolo vizioso di comportamenti disfunzionali dal quale potrà uscire solo prendendo coscienza di sè.
CORTECCIA PREFRONTALE
La Corteccia Prefrontale è il settore del cervello al quale il Talamo invia la risposta comportamentale da fornire al mondo esterno, in seguito alle informazioni ottenute tramite il processo di decodifica dei dati ricevuti per mezzo della percezione esperienziale del presente . Essa funge da guida dei pensieri e delle azioni in accordo con i proprio obiettivi. Nel caso in cui il Talamo ritenesse l’esperienza eccessivamente pericolosa, traumatica o sconosciuta per l’individuo attiverebbe un “protocollo di allarme” secondo il quale la parte del cervello che gestisce le emozioni subisce un “sequestro emotivo” e va in blocco. Solo tramite il riconoscimento e l’accettazione del fenomeno e dell’emozione che esso ha scatenato in relazione al vissuto emotivo dell’individuo, il blocco emotivo può terminare e la risposta emotivo-comportamentale fornita può essere accettabile e sana.
Il sistema emozionale di Riley va in sequestro emotivo (blocco, black out cognitivo) a causa di una situazione di criticità scatenata da un evento/fenomeno: il primo giorno di scuola, la nuova maestra, la chiama per presentarla alla classe e le chiede di raccontare loro qualcosa della sua provenienza. Iniziando a parlare, Riley, con il contributo di Gioia, evoca ricordi della sua vecchia vita, i suoi amici più cari, le sue passioni, raccontandoli in modo gioioso; ma tristezza, che come già detto sopra, è l’emozione primaria di base dello stato d’animo della bambina, tocca tutti i ricordi che stanno riaffiorando dalla memoria a lungo termine giunti al “quartier generale”. Così Riley si emoziona si rattrista e si mette a piangere davanti ai suoi compagni; nel frattempo, all’interno del “quartier generale”, si sta svolgendo una lotta tra Gioia e Tristezza per “toccare” i ricordi con le rispettive mani (mezzo di trasmissione dell’energia emozionale). L’Amigdala, dunque, va in blocco in quanto il conflitto emozionale ed il tentativo di soffocare i sentimenti reali causa una forte ambivalenza emotiva e, di conseguenza, una frattura emotiva.
Da questo momento in poi il comportamento di Riley è guidato da una “procedura di emergenza”, messa in atto dalle tre emozioni restanti per cercare di mandare avanti il loro lavoro nell’attesa che Tristezza e Gioia tornino all’equilibrio. Di conseguenza la bambina inizierà ad assumere una serie di atteggiamenti disfunzionali che delineano chiaramente i tratti del suo malessere e la sua progressiva chiusura verso il mondo esterno e verso ogni possibilità di ritrovare la serenità ed il benessere emotivo. Giorno dopo giorno ogni isola della personalità di Riley viene danneggiata ed in fine anche distrutta dalle reazioni comportamentali della bambina agli eventi presenti, legati al trauma: discute continuamente con i suoi genitori incolpandoli di non capirla, si arrabbia con la sua vecchia migliore amica sentendola felice al telefono mentre le raccontava delle vittorie raggiunte con la sua vecchia squadra di Okey, e così via.
Gioia e Tristezza, si ritrovano a viaggiare all’interno del cervello, fuori dal “quartier generale”, per via della lotta iniziata prima. Questo viaggio le porta a scoprire molti lati del loro mondo che non conoscevano, come per esempio la discarica dei ricordi , dove vengono gettati i ricordi più vecchi e meno utili al fine di liberare spazio per nuovi ricordi, o il pensiero astratto, all’interno del quale è meglio non avventurarsi per non incorrere nel rischio di perdere la percezione degli indici reali di riferimento e di collegamento con la realtà, e molte altre zone “psicologiche”. Durante il viaggio le due Emozioni si rendono conto che le isole della personalità di Riley stanno crollando a causa della loro assenza dal “quartier generale”, così si affrettano a rientrare cercando in tutti i modi una soluzione. Incontrano un vecchio ricordo di Riley, il suo amico immaginario, il quale ad un certo punto del percorso si rattrista capendo che la bambina non avrà mai più bisogno di lui. Questa scena rappresenta il punto di svolta del blocco emotivo di Riley. Tristezza si avvicina a Bing Bong, l’amico immaginario, e tenta di confortarlo accogliendolo nel suo dolore, permettendogli di sfogare il suo pianto e quindi la sua Emozione in relazione all’esperienza; Gioia subito la rimprovera accusandola di peggiorare lo stato d’animo dell’amico in questo modo, ma appena finito di sgridarla le viene in mente una cosa molto importante: uno dei ricordi più gioiosi che lei aveva di Riley era quello di una partita di Okey alla fine della quale tutta la sua squadra la applaudiva e le voleva bene insieme ai suoi genitori fieri ed orgogliosi di lei; questo ricordo, però, dal punto di vista di Tristezza assumeva tutta un’altra prospettiva: la partita era andata molto male, proprio a causa di Riley che non riuscì a segnare l’ultimo punto necessario alla vittoria, così al termine della partita, la bambina si era seduta in disparte triste ed afflitta, quando i suoi genitori le si avvicinarono e le diedero l’opportunità di sfogare i suoi sentimenti negativi nei confronti dell’esperienza vissuta, accolsero il suo dolore e la aiutarono a riconoscerlo per poi superarlo. Il ricordo di Gioia, quindi, era successivo a quello di Tristezza, cioè il riconoscere l’emozione legata al fenomeno ed accettarla consapevolmente era ciò che aveva permesso a Riley di riprendere a festeggiare con i suoi compagni pensando alla sconfitta come un’occasione per mettersi di nuovo in gioco e così via.
Grazie a questa illuminazione Gioia capisce ciò che deve fare: deve riportare Tristezza al “quartier generale” e permetterle di esistere e di essere consapevolizzata da Riley che, a sua volta, si sentirà pronta per comunicare ai suoi genitori il suo reale stato d’animo causato dal cambiare casa e vita. Una volta giunte nuovamente al “quartier generale” Gioia e Tristezza si rendono conto che la situazione stava per crollare in modo brusco in quanto Riley progettava di scappare di casa. Danno subito inizio al loro piano per riportare l’equilibrio tra le emozioni di Riley e le fanno capire che la sua idea è assurda e che deve parlare con i suoi genitori di come si sente per far si che loro la aiutino e che lei finalmente possa rimarginare l’ambivalenza e la frattura interiore derivante dal desiderio di far andare le cose come dovrebbero andare.
Morale della favola
Grazie ad un cartone animato e ad una storia ricca di allegorie e significato, che consiglierei a tutti di vedere almeno una volta e con i proprio figli, abbiamo potuto esplorare il campo delle emozioni, i processi emotivi che si generano automaticamente dentro di noi in relazione agli eventi della vita ed anche – soprattutto- il modo più funzionale e sano per affrontare queste dinamiche.
La base dell’Intelligenza Emotiva, dunque, è il processo mediante il quale un individuo consapevolizza dentro di sé le proprie emozioni in relazione agli eventi sommato alla modalità di espressione sana ed accettabile che decide di utilizzare in base ad esse.
Solo ascoltando il proprio sentire in relazione con la vita è possibile riconoscere le proprie emozioni e quindi accettarle e rispettarle. Solo accettando e rispettando le proprie emozioni è possibile superare un trauma o situazione di criticità nel modo più sano e funzionale possibile. Assumendo questi due assunti come principi basilari per il fondamento di qualsiasi teoria comportamentale, si potrebbe arrivare alla conclusione che ogni individuo ha dei sentimenti propri e delle reazioni proprie agli eventi e che, quindi, ha il diritto di esprimerli e di agire rispettandoli, nel rispetto di quelli altrui. La via per la comprensione umana e per il quieto vivere è, quindi, la rispettiva messa in relazione, la comunicazione tra le parti e la conoscenza profonda di sé stessi; non di certo il soffocamento dei propri veri stati d’animo, pensieri, desideri per soddisfare bisogni interiori inconsci o richieste esterne. Questa strada richiede sicuramente molto impegno, consapevolezza e forza di volonta.
Quale Counselor in formazione vorrei poter trasmettere questo messaggio di accoglienza, ascolto attivo ed accettazione incondizionata verso sé stessi e verso il prossimo ai miei colleghi ed ai miei futuri clienti.
Carlotta
Note
[1] . La Paura, come emozione, comporta l’assumere un atteggiamento, in parte giustificato e sano, atto a preservare il bene ultimo della vita umana e cioè la vita stessa (valenza biologico-evolutiva dell’emozione Paura legata strettamente all’istinto primordiale di sopravvivenza insito nell’uomo). L’equilibrio emotivo e, quindi, l’intelligenza emotiva, sono fondamentali al fine di mantenere la soglia della Paura coerente con i fenomeni/esperienze percepite dall’individuo senza però finire per bloccare o costringere ogni tipo di fenomeno/esperienza (bloccando così anche sogni e desideri dell’individuo).
[2] L’Organismo è un sistema che si basa sul “risparmio energetico” di conseguenza se ha elaborato una data esperienza e fornito per essa una risposta più o meno funzionale ed accettabile, nel caso in cui si presenti un’esperienza simile, la prima soluzione –azione- che proporrà come risposta sarà quella incamerata dall’esperienza passata -automatismo- senza elaborare nuovamente i dati dell’ esperienza nel QuiedOra.
[3] I Meta-Dati non sono i dati oggettivi, l’essenza, del fenomeno reale di per sé e non sono nemmeno i dati relativi alle emozioni che questa esperienza ha generato, sono invece le rielaborazioni e le connessioni tra l’esperienza reale e la propria emozione riguardo ad essa legata anche al proprio vissuto passato – ricordi emotivi.
[4] L’esplorazione del mondo circostante è una caratteristica tipica dei mammiferi, i quali hanno necessità di conoscere il territorio nel quale vivono per procurarsi risorse utili e necessarie al mantenimento del loro “bene ultimo”, cioè la vita. Così anche l’uomo è guidato da questa necessità, la quale implica una grande capacità di equilibrare le emozioni percepite dall’esperienza presente in modo da poter trarre i propri benefici dall’esperienza rispettando (ma prima riconoscendo ed individuando) le proprie necessità interiori e quelle dell’Altro da sé. La depressione è una tipica conseguenza dell’assenza di esplorazione dell’ambiente esterno a noi, che genera, quindi, uno squilibrio emotivo tra quello che si desidera fare, quello che si deve fare e quello che si ha bisogno di fare. Secondo il concetto del rispecchiamento interiore, per via dei neuroni specchio, un’emozione riflette dentro di noi, come uno specchio davanti ad uno specchio, generando uno stato d’animo che si protrae in un circolo vizioso fintanto che non si prende consapevolezza di ciò che si sta provando.
[5] Esperienza presente: il padre se ne va via; processo emozionale: Tristezza crea la malinconia riguardo al passato, Rabbia mostra frustrazione per aver interrotto un’attività, Paura lascia trapelare l’ansia del distacco e la paura dell’abbandono legata alla perdita dei vecchi punti di riferimento; azione: la bambina si chiude in sé stessa e va in camera sua.
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